Biografia di FRANCESCO RAMPICHINI
martedì, ottobre 31, 2006, 09:55 PM - Personaggi
L’industria calzaturiera, che nelle Marche ha radici antiche ed oggi è fra le più importanti e trainanti nell’economia locale, deve molto alle invenzioni di un marchigiano: Francesco Rampichini da Sant’Angelo in Pontano, che nel 1909 inventò le scarpe incollate, senza cucitura.

Apparteneva ad una famiglia di piccoli imprenditori, che da secoli erano dediti all’arte della molitura. I Rampichini erano ginesini d’origine, ma alcuni rami di essi avevano seguito i corsi d’acqua delle valli del Chienti, del Fiastrone e del Fiastra, dove l’acqua corrente consentiva di far girare le ruote, per impiantare e gestire mulini.
Francesco nacque a Sant’Angelo in Pontano il 3 giugno 1878. Il padre, che si dedicava al commercio e alla professione di agente rurale e che negli anni 1880-82, ed ancora nel 1893, era assessore comunale a S. Angelo, lo avviò agli studi, e così poté frequentare a Macerata il locale liceo-ginnasio “G. Leopardi”.

Rimasto orfano del padre nel 1897, poté egualmente continuare gli studi, recandosi a Roma, dove risiedevano due sue sorelle, Anna ed Erminia, per frequentare l’università alla quale si iscrisse nel novembre 1898.

Di indole calma e riflessiva, era portato allo studio e riusciva molto bene nelle materie scientifiche. Il suo desiderio di sapere e soprattutto di penetrare i problemi, lo portò ad iscriversi alla Facoltà di Matematica, ma fin dall’inizio fu insoddisfatto della scelta compiuta e subito mutò indirizzo iscrivendosi alla Facoltà di Scienze Naturali, conseguendo la laurea in tale disciplina il 24 dicembre 1904.

Non ancora pago del traguardo raggiunto, sempre più interessato agli aspetti pratici ed applicativi della scienza, si iscrisse anche al corso di laurea in Chimica, affascinato da tale materia, ed il 22 luglio 1907 conseguì il secondo diploma di laurea. Assiduo frequentatore delle lezioni e soprattutto dei laboratori, aveva iniziato per suo conto a indagare e a fare esperimenti nel campo dei collanti. Proprio al tempo in cui a Roma si dedicava a queste prime ricerche, si ammalò di tifo, guarendo dalla malattia senza grandi problemi.

Tra ‘800 e ‘900, come si sa, scienza e tecnica stavano facendo passi da gigante e tanti erano i problemi che si presentavano sia nel campo della ricerca pura sia in quella applicata. Forse stimolato da esperienze fatte nei laboratori che frequentava, o semplicemente portatovi dal suo istinto di ricercatore, che lo spingeva alla ricerca di soluzione di problemi pratici, dedicò ogni sua energia allo studio delle colle ed al modo di trovarne immediata applicazione industriale.

A quell’epoca l’energia elettrica aveva quasi universalmente sostituito in tutte le fabbriche e laboratori il vapore e la forza idraulica. In ogni locale dove si svolgevano le lavorazioni, un unico motore elettrico dava il moto a lunghissimi alberi di trasmissione posti in alto, a soffitto, che tramite sistemi di pulegge e cinghie di cuoio muovevano le sottostanti macchine operatrici alle quali erano addetti gli operai. Uno dei punti deboli di tutto il sistema di trasmissione del moto e della potenza alle macchine era il punto di giunzione delle cinghie, la cui rottura interrompeva il funzionamento di una o più macchine operatrici.

Rampichini focalizzò il suo interesse sul problema della giunzione di tali cinghie di cuoio e tentò di sostituire ai vari sistemi di cucitura e graffatura, usati per chiudere ad anello le strisce di cuoio, un suo nuovo sistema di giunzione mediante l’uso di collanti, che costituivano l’oggetto dei suoi studi: si trattava di una soluzione di derivati della cellulosa, che, opportunamente formulata, costituiva un adesivo ideale per la giunzione del cuoio. Nel corso dei suoi esperimenti pratici si rese però conto che non era sufficiente conoscere le colle ma occorreva dominare anche l’essenza dei materiali da incollare: nel suo caso, il cuoio.

Per natura il cuoio e la pelle sono materiali estremamente disomogenei a causa della loro origine animale, e tale forte disomogeneità era allora acuita dai sistemi di concia e di lavorazione in uso. La lavorazione delle pelli per trasformarle in cuoio ha un’origine che risale ai primordi della vita civile. Nel corso dei secoli la preparazione delle pelli restò affidata ad artigiani specializzati ed abili che, mediante lo scambio delle proprie esperienze, poterono sviluppare i loro procedimenti empirici di concia e perfezionare i loro rudimentali mezzi di lavoro. L’industria del cuoio, fino a tutto il secolo XIX, era regolata solamente dalla tradizione e dall’esperienza pratica di coloro che la esercitavano, e tutto era riguardato come un geloso segreto. Solo sul finire del secolo, quando molte concerie, uscite dagli ambiti familiari, divennero vere e proprie industrie, si sentì il bisogno di risolvere i molteplici problemi che si incontravano nella lavorazione, e ciò determinò il sorgere di laboratori di ricerca e di scuole professionali specializzate, anche perché, con lo sviluppo dell’industria meccanica, nelle concerie più organizzate la lavorazione a mano cominciò ad esser rimpiazzata da quella a macchina, almeno in alcune fasi del ciclo produttivo.

In Italia, all’inizio del secolo XX, esistevano due istituzioni che si dedicavano alla ricerca ed alla formazione del personale nel campo della conceria: la “Regia Conceria-Scuola Italiana e Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli ed Affini” di Torino e la “Stazione Sperimentale per l’Industria delle Pelli” in Napoli.

Francesco Rampichini, dopo aver conseguito le due lauree a Roma e dopo aver effettuato i suoi primi esperimenti di incollaggio sul cuoio, decise di trasferirsi a Torino per poter frequentare la “Regia Conceria-Scuola”, alla quale si iscrisse nel novembre 1908.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento si era avuta in Italia una notevole crescita del settore del cuoio e Torino era allora il centro leader a livello nazionale dell’industria conciaria, anche se c’erano altre concentrazioni di tale tipo di industria in Lombardia, Toscana e Campania.

La “Regia Conceria Scuola Italiana e Stazione Sperimentale per l’Industria della Pelle ed affini” era sorta a Torino nel 1902 per iniziativa di privati, industriali e commercianti, in seguito alla proposta fatta da Ettore Andreis al “I Congresso dei Conciatori e Negozianti di Pellami” tenutosi a Torino nel 1898. Essa ebbe la sua prima sede proprio a Torino in Via Amedeo Peyron, 4 ed era diretta dal prof. Giacinto Baldracco. Solo nel 1911 si iniziò la costruzione di una nuova grande sede in Corso Cirié. Presidente della Scuola dal 1902 al 1907 fu Achille Durio e dal 1908 Camillo Romana.

La “Scuola Conceria”, sorta sull’esempio di altri istituti similari già esistenti in Europa, teneva un “Corso Normale Teorico-Pratico” della durata di due anni alla fine del quale veniva conferito ai licenziati il “Diploma di abilitazione a Direttore Chimico-tecnico di conceria”, aveva inoltre un corso serale per operai. Per essere ammessi ai corsi normali gli allievi dovevano avere un’età superiore ai 16 anni ed essere in possesso del diploma di licenza tecnica o ginnasiale. Dato il carattere peculiarmente pratico-scientifico ed applicativo della scuola, che era stata istituita dagli industriali conciari, ad essa potevano essere ammessi anche allievi non forniti di diploma “qualora comprovino di aver fatto qualche tempo di pratica di conceria e siano dal Direttore ritenuti idonei a frequentare i corsi”. La tassa di iscrizione alla scuola “tanto per gli italiani che per gli stranieri” era di lire 300 annue, più le spese di consumo di materiale e per eventuali rotture nei laboratori di chimica e conceria pratica, per le quali all’atto dell’iscrizione si versavano come primo deposito lire 50[8].

Francesco Rampichini chiese ed ottenne di essere ammesso a frequentare direttamente il secondo anno del corso. Nell’anno scolastico 1908-1909 risulta che alla scuola erano iscritti 13 allievi del 1° corso e 8 allievi del 2°. Per la gran parte si trattava di figli di industriali conciatori o, come nel caso di Rampichini, di chimici e tecnici interessati all’industria conciaria.

La Scuola, oltre all’insegnamento delle materie di base, soprattutto chimica e tecnologia della concia, con molte esercitazioni di laboratorio e di pratica conciaria, programmava visite guidate ai macelli ed agli stabilimenti industriali.

In una relazione del direttore, relativa alle attività dell’anno scolastico 1908-09, si legge: “Oltre agli allievi che ottennero l’iscrizione alla Scuola presentando il diploma di licenza tecnica o ginnasiale prescritto dal regolamento, ve ne hanno alcuni che presentarono titoli superiori, e fra questi il dott. F. Rampichini di Macerata con le lauree in chimica e in scienze naturali conseguite nella R. Università di Roma e il dott. Andrea Ricevuto di Trapani col diploma di laurea in chimica dell’Università di Messina, diploma di licenza dal Politecnico di Zurigo e attestazione di frequenza alla R. Stazione Sperimentale di Vienna per l’industria dei cuoi. […] Fra le ricerche eseguite dagli allievi riuscì molto importante il lavoro del dott. Francesco Rampichini, che si occupò di stabilire in modo pratico e razionale, mediante uno speciale apparecchio da lui costruito, il grado di permeabilità dall’aria delle diverse qualità di cuoi e pelli. Le esperienze, a cui si interessarono specialmente gli industriali fabbricanti in calzature, vennero eseguite, oltreché sulle pelli preparate nella Scuola, sopra numerose varietà di pelli in uso nei calzaturifici per la confezione di varie qualità di scarpe, e fornirono dei preziosi dati specialmente sulle differenze di permeabilità della tomaia, in rapporto alla natura della concia impiegata nella preparazione”. Nel corso dell’anno scolastico 1908-09, la scuola organizzò diverse visite a stabilimenti industriali e Rampichini, insieme agli altri allievi, poté visitare l’Ammazzatoio Comunale di Torino, la Conceria Fratelli Durio al Fortino di Torino, la Scamosceria Italiana di Borgotaro, la Manifattura Pellami e Calzature di Torino.

Anche dalla citata relazione si desume che il Rampichini a Torino continuò le sue ricerche sull’incollaggio del cuoio, essendo il dato della permeabilità dell’aria fondamentale per la penetrazione dei collanti all’interno delle fibre componenti il cuoio e per l’evaporazione dei solventi attraverso di esse. E le ricerche del Rampichini non erano solo volte allo studio teorico delle interazioni tra cuoio e colla, dato ch’egli proseguì anche con tenacia le prove pratiche di incollaggio. È Ettore Andreis, che ebbe modo di conoscere Rampichini a Torino, ad informarci, con un suo articolo apparso nel luglio 1921 sulla Rivista Italiana del Cuoio dei Pellami e delle Calzature, che il chimico maceratese, “completate le esperienze sui singoli pezzi di cuoio, nelle quali fu coadiuvato dal cav. Secondo Durio e dalla Direzione dell’Arsenale Militare di Torino, pensò di applicare il mastice alla fabbricazione delle scarpe, facendo un primo tentativo con l’aiuto del sig. Girolamo Generali, allora capo reparto del Calzaturificio Gilardini di Torino”.

Era evidentemente vivissimo, nell’ambiente della Scuola ed in quello degli industriali conciatori di Torino, l’interesse per le ricerche del Rampichini. Anche Camillo Romana, presidente della Scuola-Conceria torinese ed industriale conciario, si interessò agli esperimenti di Rampichini. Fu senza dubbio il prof. Baldracco a trasferire questo interesse anche all’ambiente militare: egli infatti era stato “chiamato a Roma a far parte di una commissione nominata da S.E. il Ministro della Guerra per lo studio di una speciale qualità di cuoio proposto per le calzature militari” e probabilmente lo stesso Rampichini conobbe tecnici militari che erano addetti alla sorveglianza della produzione ed ai collaudi del prodotto fornito da concerie e calzaturifici all’esercito[14]. Pare anche che all’Arsenale Militare di Torino in molti si erano convinti che il sistema di costruire le scarpe mediante incollaggio, come proposto dal Rampichini, si sarebbe prestato egregiamente per la fabbricazione di calzature militari in quanto rendeva “la scarpa più leggiera, più comoda e di più lunga durata, e quindi più adatta alle lunghe marce, come risultò da prove fatte su larga scala fin dal 1909-1910 nell'opificio Militare di Torino, sotto il controllo del Colonnello Arango”. All’Arsenale le prove si svolsero sotto la direzione di Francesco Jano, capotecnico d’artiglieria e genio e alla presenza di Agostino Durio. Altre prove furono eseguite il 6 aprile 1909 presso la conceria Romana Francesco e nel luglio-agosto successivo presso il calzaturificio Gilardini.

Intanto Francesco Rampichini, che fra l’altro aveva messo a punto la teoria dell’incollaggio del cuoio, avendo constatato il grande interesse suscitato dai suoi esperimenti, provvide anche a brevettare il mastice da lui inventato. La richiesta di brevetto fu presentata a Torino il 14 maggio 1909, cioè qualche mese prima che finissero per lui i corsi presso la Scuola-Conceria. L’attestato di brevetto venne poi rilasciato il 4 novembre 1909 con il n. 102574 e portava il seguente titolo: “Liquido adesivo inalterabile all’umidità ed all’acqua per incollare il cuoio, i tessuti, i feltri e tutte le sostanze fibrose e porose in generale, nonché per impermeabilizzare, indurire e lutare le sopradette sostanze”.

Circa due mesi dopo la presentazione del brevetto, cioè nella sessione di luglio 1909, ottenne il “diploma di abilitazione a direttore chimico tecnico di conceria” presso la Scuola Conceria di Torino, avendo anche ottenuto, su proposta della direzione della scuola, con delibera della Giunta Direttiva del 9 aprile 1909, d’essere esonerato dagli esami di chimica, essendo già in possesso della laurea in tale disciplina..

Descrivendo il suo sistema di incollaggio, egli diceva che non incollava tra loro due pezzi di cuoio ma ciascuno dei due pezzi al suo speciale mastice, facendo sì che quest’ultimo penetrasse profondamente negli interstizi dei fasci di fibre del cuoio precedentemente preparato mediante sfibratura, e solo in un secondo tempo, dopo essiccazione del mastice incollato sulle due superfici da unire e previo inumidimento di queste con apposito solvente, premeva insieme le due facce da unire, precisando che in questa fase non si incollava il cuoio quanto i due mastici precedentemente uniti al cuoio stesso, eseguendo una saldatura di tipo autogeno. E questo è in pratica lo stesso procedimento che a quasi un secolo di distanza si adotta ancora oggi.

Dopo l’esperienza torinese, Rampichini tornò ad abitare a Roma, presso le sorelle e, stando a quanto scrisse il prof. Baldracco nella sua relazione dell’anno scolastico 1909, in cui dava anche notizia dei suoi allievi recentemente licenziati, egli esercitò la libera professione aprendo un ufficio di chimico consulente. Il fare la libera professione, piuttosto che trovare impiego in una qualche azienda conciaria, gli consentiva di dedicarsi più proficuamente a portare avanti i suoi esperimenti e ricerche sull’incollaggio del cuoio e delle pelli, particolarmente nel settore delle calzature.

Dopo le esperienze fatte a Torino, “le prove conclusive vennero però eseguite a Roma nel dicembre 1909, nella quale epoca l’inventore costruì da se stesso un paio di scarpe senza cuciture, il cui esito lo incoraggiò oltre alle sue stesse speranze”, afferma Ettore Andreis, che sicuramente apprese questo dallo stesso Rampichini del quale, oltre che essere estimatore, era poi divenuto anche amico. Infatti, costruito un paio di scarpe della sua misura, l’inventore le indossò e le sperimentò direttamente camminando per molti giorni nelle strade di Roma durante la stagione invernale.

Si trattava ora per il Rampichini di passare all’applicazione industriale delle sue invenzioni, trovando per questo i finanziatori dell’impresa.

Tentò allora di prendere diretto contatto con il Ministero della Guerra nella capitale. Dopo aver consegnato una scarpa da lui costruita senza cuciture, finalmente, “dietro raccomandazione del generale Camerana e presentazione del capitano Papini, nipote del senatore Golgi”, ottenne di poter presentare ufficialmente, il 9 febbraio 1910, il suo sistema di costruzione delle calzature al Ministero della Guerra. Il 17 febbraio successivo il Ministero scrisse d’essere “disposto a fare eseguire in via di esperimento cento paia di stivaletti da montagna per alpini, fornendo a prezzo di tariffa un paio di stivaletti per modello” ed il 25 febbraio, con altra lettera, informò “che il modello è in studio e non potrà aversi che fra qualche tempo”[24].

Lo speciale mastice inventato per incollare il cuoio, per essere commercializzato, aveva anche bisogno di un nome: l’inventore, alla fine di marzo 1910, lo battezzò Ago e chiamò Sistema Ago il procedimento da lui messo a punto per la costruzione delle scarpe senza cucitura. La denominazione Ago era stata tratta dal greco άγω, con il significato di unire fortemente insieme, attrarre, attirare.

Intanto il tempo passava e, mentre in molti si erano dichiarati entusiasti della nuova idea, le promesse restavano solo parole. Lo stesso inventore definì poi “vane” le trattative con il Ministero della Guerra. Si rivolse allora anche a diversi industriali calzaturieri, soprattutto di Milano, dove si recò alla fine d’aprile 1910 ed eseguì diverse prove di costruzione di calzature col suo sistema. Anche a Milano, per il momento, nulla riuscì a concretizzare.

Rampichini a Roma aveva avuto modo di conoscere, probabilmente per la sua frequentazione dell’ambiente universitario o in seguito a qualche rapporto di lavoro nell’espletamento della sua professione di chimico-consulente, il prof. Alessandro Lustig. Questi, triestino d’origine, medico famoso ed in procinto d’essere nominato senatore del regno, aveva a Trieste un fratello, Cesare, che era un grosso commerciante di cuoio e pellami, essendo comproprietario della ditta Lustig & Bednarz, con sede appunto a Trieste. Il prof. Lustig, conosciuta l’invenzione del Rampichini ne comprese l’importanza e, resosi conto delle potenzialità di sviluppo della stessa, gli consigliò di scrivere a Trieste e ne dette personalmente notizia al fratello, che pensava potesse essere interessato. Il Rampichini si recò poi a Trieste, dove il 30 aprile 1910, presso la sede della Lustig & Bednarz, dette dimostrazione del suo sistema costruendo un paio di scarpe da donna.

Ulteriori prove pratiche con il Sistema Ago furono fatte a Vienna, seguite personalmente dal Lustig e dal Rampichini, ed ebbero tutte esito positivo[28].

Dopo queste conferme, tra la Lustig & Bednarz e il Rampichini si presero accordi per dar vita ad una nuova società avente per scopo la commercializzazione del mastice e del sistema Ago: l’inventore cedeva il suo brevetto e si impegnava a trasferirsi definitivamente a Trieste per dirigere la nuova società; la Lustig & Bednarz avrebbe approntato dei locali per svolgere la nuova attività e avrebbe organizzato il tutto.

Trovato il finanziatore per realizzare la nuova impresa, l’inventore ritornò a Roma; quindi compì una serie di viaggi a Milano, a Torino ed ancora a Trieste per gettare le basi della nuova attività. Si trasferì definitivamente a Trieste nel novembre 1910, essendosi già approntato un impianto per la fabbricazione del mastice in una capanna.

Per tutto l’anno 1911 il lavoro andò avanti e si iniziò ad organizzare la rete commerciale per la vendita del mastice[29].

Così come nel 1909, a Torino, aveva brevettato in Italia il mastice, il Rampichini da Trieste provvide subito a brevettare anche il sistema di costruzione delle scarpe e a far sì che le sue invenzioni fossero protette anche in Austria e Germania.

Le difficoltà da superare non dovevano però essere poche. Per vendere il mastice era necessario diffondere e far conoscere il sistema di costruzione delle scarpe senza cucitura e per questo erano necessarie continue dimostrazioni presso i calzaturifici per convincere i fabbricanti ad adottare il Sistema Ago.

Vi dovettero essere anche difficoltà burocratiche per dar vita alla società, dato che la stessa poté essere costituita ufficialmente solo il 1° gennaio 1912 con un capitale di 140.000 corone austriache, somma non indifferente.

Ettore Andreis, che nel campo del cuoio e della conceria era un’autorità, così scrisse nel 1921 su una rivista specializzata: “Nel 1912 intesi parlare per la prima volta del sistema di calzature “Ago” ideato dal D.r F. Rampichini e l’invenzione mi sembrò di così grande importanza da indurmi a fare espressamente un viaggio a Trieste, dove si trovava allora l’inventore, per conoscere i particolari tecnici del nuovo sistema di lavorazione delle calzature. Avrei anche volentieri partecipato alla formazione di una società industriale per lo sviluppo del sistema, che l’autore aveva denominato “Ago”, se alcune divergenze di vedute amministrative con la ditta Lustig e Bednarz di Trieste, che aveva già avuto la concessione dall’inventore, non me ne avessero distolto. Ciò però non diminuì la fiducia da me riposta nell’avvenire industriale del sistema di calzature Ago, che mi sembrava indubbiamente destinato ad una diffusione rapida e sicura”.

Per lo sviluppo e la costruzione delle macchine necessarie alla confezione delle scarpe incollate, Francesco Rampichini chiamò con sé a Trieste il cugino Adelino Rampichini, che era un provetto meccanico e che in seguito divenne molto noto a Macerata per le sue conoscenze di meccanica e come orologiaio.

La nuova società, costituitasi ormai anche formalmente, aveva necessità di farsi conoscere nell’ambiente calzaturiero e partecipò con i suoi prodotti alla “XVIII Grande Esposizione Tedesca per l’Industria della Calzatura e del Cuoio” che si tenne a Bautzen, in Germania, nei giorni 10-13 agosto 1912. A questa manifestazione espositiva il Sistema Ago ebbe un notevole successo e la Ago Industrie Gesellschaft m.b.H. fu premiata con il Gran Prix. A parte il premio ottenuto, che consentì alla società di potersi fregiare di tale onorificenza anche con menzione sulla sua carta intestata, il successo maggiore venne dal grande interesse suscitato fra gli operatori dell’industria calzaturiera dalla novità tecnologica presentata. Particolarmente interessata alla nuova invenzione ed a quanto esposto alla mostra, si dimostrò la Atlas-Werke-Pöhler & Co. di Lipsia-Stötteritz, grossa ditta tedesca costruttrice di macchinario e fornitrice di prodotti chimici per calzaturifici. I responsabili di questa società si dichiararono subito interessati ai ritrovati del Rampichini e trattarono con la Società Industriale Ago di Trieste l’acquisizione della rappresentanza per la Germania ed anche la concessione di licenze per la costruzione del macchinario.

Il Rampichini, dopo la fiera di Bautzen ed i successi colà ottenuti, ideò nuove macchine, sempre più perfezionate, e molti furono i nuovi brevetti da lui ottenuti nel campo degli adesivi e della costruzione di calzature, ma era necessario sviluppare ed industrializzare sempre più il macchinario, traguardo che fu raggiunto tra il 1912 ed il 1914.

Nel 1913 frequenti furono i viaggi di Rampichini a Lipsia ed i suoi soggiorni di lavoro presso le officine della Atlas-Werke-Pöhler & Co. Finalmente i tedeschi, nel febbraio 1914, portarono a termine le trattative dell’affare con i triestini e nel marzo successivo perfezionarono definitivamente il contratto di acquisto di tutte le attività della “Società Industriale Ago per la saldatura del cuoio – Società a.g.l.”. Naturalmente insieme alle attività societarie venivano in possesso dei tedeschi anche tutti i brevetti di Rampichini, che a quel tempo erano circa 30 ed interessavano procedimenti, apparecchi e macchine. Tali brevetti erano stati registrati per la gran parte in tutte le nazioni europee ed anche negli Stati Uniti.

L’accordo prevedeva la fondazione fondata in Germania una grande società per la diffusione del Sistema Ago; soci di questa nuova impresa sarebbero divenuti anche i triestini e lo stesso Rampichini, al quale venivano riconosciuti i diritti di invenzione.

Il Rampichini si trasferì allora definitivamente a Lipsia, accompagnato dal cugino Adelino, divenuto suo stretto collaboratore e coadiutore nella ideazione e nella progettazione delle macchine. Il lavoro ferveva con ottimi risultati e per il geniale inventore marchigiano si prospettava un avvenire di notevole successo.

Erano però alle porte tempi difficili, e si avvicinava a gran passi la bufera della prima guerra mondiale. Il Rampichini venne a trovarsi in Germania al tempo dell’attentato di Sarajevo e, alle prime avvisaglie di guerra, per prudenza, il 9 agosto 1914, abbandonando il suo lavoro, partì da Lipsia per Trieste; quindi stimò opportuno rientrare in Italia, giungendo a Roma il 14 agosto.

Durante il periodo bellico, in Germania il Sistema Ago ebbe una notevole diffusione, favorita anche dalle grosse forniture militari. La Atlas-Werke-Pöhler & Co. costruì una serie di macchine, che rispetto alle originarie erano di più grande potenzialità produttiva, ma sempre basate sulle idee del Rampichini.Il sistema si diffuse largamente anche in Austria, in Cecoslovacchia e nelle province francesi ch’erano divenute tedesche nel 1870, cioè in Alsazia e Lorena.

Al Rampichini, restato in Italia, era precluso qualsiasi contatto sia con i tedeschi sia con i triestini, dato che tutti erano al di là della linea del fronte di guerra. Era intanto accaduto che in forza di una clausola del contratto stipulato tra i tedeschi di Lipsia ed i triestini, in assenza del Rampichini, era stata definitivamente liquidata ogni spettanza della Società Industriale Ago, le cui attività vennero completamente passate ai tedeschi. La somma ricavata in seguito a tale transazione finale, concordata e fissata in corone austriache, era stata depositata presso fiduciari per la parte spettante a Rampichini. L’ingente svalutazione della moneta austriaca, conseguente alle vicende belliche, fece sì che la cessione fosse un lucrosissimo affare per i tedeschi, mentre agli italiani restò in mano solo un mucchio di carta straccia o quasi, né si poté rimediare a ciò con tentativi di ulteriori trattative intercorsi con i tedeschi a conflitto cessato.

Durante il periodo della guerra il geniale inventore marchigiano non prestò servizio militare perché riformato alle visite mediche per deficienza toracica e per dei postumi di una grave ferita ad un piede riportata in seguito ad un incidente. Con tutte le limitazioni imposte dalle circostanze, proseguì nei suoi studi e nei suoi esperimenti, esercitando la libera professione di chimico a Milano, dove si era trasferito assieme alla sorella Erminia, con l’obiettivo di industrializzare in Italia le sue idee ed i suoi ritrovati.

Il 12 settembre 1917 costituì, insieme ad alcuni soci finanziatori, una società per la produzione ed il commercio di prodotti chimici: la Dr. F. Rampichini & C. con sede in Carate Brianza (Milano). I prodotti venduti erano soprattutto per l’industria conciaria, ma fu iniziata anche la produzione di un nuovo mastice speciale, che il Rampichini aveva formulato a base di esteri della cellulosa, e che aveva gli stessi usi del precedente Ago.

L’inventore chiamò Tachys il nuovo mastice riformulato secondo gli ultimissimi ritrovati della chimica, rifacendosi appunto alla parola greca = veloce, rapido, volendo mettere in evidenza la principale qualità del suo sistema, che diminuiva significativamente i tempi di lavoro nella fabbricazione delle calzature. Il nuovo prodotto, il Tachys, rispetto al mastice Ago, oltre a possedere più forza adesiva, era più elastico e flessibile: qualcuno scrisse “che il Tachys in confronto all’Ago, è come l’acciaio di giusta tempra paragonato all’acciaio dotato di tempra troppo dura”[37].

Con la ripresa delle normali attività dopo la grande guerra, si poté appieno constatare come il Sistema Ago, ideato dal Rampichini per la costruzione delle calzature a suole incollate, si era rapidamente diffuso soprattutto per le scarpe da donna e da bambino, tuttavia il nome di Rampichini non era così noto come il suo sistema. Nel luglio 1921 Ettore Andreis scriveva: “Attualmente il sistema “Ago” è largamente applicato in Germania, Austria e Czeco-Slovacchia. Sembra però che l’inventore non ritragga dai suoi studi e dalle sue fatiche nessun compenso, che anzi in Germania si è finora cavallerescamente tenuto nascosto il nome dell’inventore, sino a che una rivista francese (Le Moniteur de la Cordonnerie – N. 42, 17 ottobre 1920 – Parigi) uscendo da un lungo silenzio, lo ha timidamente e condizionatamente menzionato”. In tempo di guerra la Atlas-Werke-Pöhler & Co. non aveva avuto alcun interesse e convenienza a propagandare il Sistema Ago abbinandolo al nome del suo inventore, che era un italiano, cioè un “nemico della patria”. Successivamente, dopo la fine della guerra, il rappresentante in Italia della stessa ditta, facendo pubblicità ai prodotti ed alle macchine che vendeva, citava espressamente: “Riparto Ago: Impianti completi per lavoro incollato, Sistema Dottor Rampichini”.

Non c’è dubbio che con l’invenzione del Rampichini era proprio avvenuta una rivoluzione nel modo di fabbricare le scarpe (si pensi che oggi sono fabbricate con questo sistema quasi la totalità delle calzature).

Finita la guerra, era ripresa in Italia, oltre alla normale attività dell’industria, anche quella degli istituti e sodalizi scientifici. Il Rampichini, oltre ad occuparsi della sua nuova attività di imprenditore iniziata nel 1917, si dedicò anche all’attività scientifica nell’ambito della Sezione Italiana dell’Associazione Internazionale dei Chimici dell’Industria del Cuoio, presieduta da Roberto Lepetit, di cui fu socio attivo.

L’Associazione Internazionale dei Chimici dell’Industria del Cuoio era stata fondata a Londra nel 1887 ed era una fiorente società che contava numerosi membri appartenenti a vari paesi d’Europa e degli Stati Uniti d’America. Essa organizzava congressi biennali e pubblicava un'importante rivista in tre lingue dal titolo “Collegium”. Il Rampichini, assieme ad A. Andreis, ed al prof. Baldracco, in rappresentanza dell’Italia, partecipò al XII congresso che era stato organizzato a Parigi, nella grande sala di chimica applicata alla Sorbona, nei giorni 22-23 settembre 1919. Scrisse una dettagliatissima relazione dei lavori di tale congresso che fu pubblicata sul Giornale di Chimica Industriale ed Applicata. Per impegni di lavoro non poté invece recarsi al XIII congresso che si tenne il 7-9 settembre 1921 a Londra, tuttavia sulla scorta dei resoconti letti, scrisse un’analoga relazione per la stessa rivista.

Nella primavera del 1920 il Rampichini si recò in Germania, sia per tentar di riallacciare i rapporti con la Atlas-Werke-Pöhler & Co., sia per avere informazioni di prima mano sui progressi della tecnica e dell’industria tedesca, dato che, per questioni politiche conseguenti alle vicende belliche, i tecnici e chimici germanici del cuoio non avevano potuto partecipare al congresso di Parigi. Al ritorno del suo viaggio, scrisse un resoconto informativo dal titolo “Lo stato attuale dell’industria del cuoio in Germania” che fu pubblicato sulla stampa specializzata.

Il mondo dell’industria italiana del cuoio fu messo veramente in subbuglio quando, nella primavera del 1922, Francesco Rampichini avanzò la proposta di istituire un Laboratorio di Ricerche per le Industrie del Cuoio Calzature e affini. L’industria conciaria italiana era entrata in crisi soprattutto a causa della concorrenza estera e i conciatori nostrani chiedevano al governo una politica di protezione doganale con elevazione dei dazi per le pelli importate. Rampichini, che aveva potuto di recente controllare personalmente, in occasione della partecipazione al congresso di Parigi e del suo viaggio in Germania, lo stato dell’industria straniera, in un suo lungo articolo fece l’analisi dei mali che affliggevano l’industria conciaria italiana. Egli affermava che, durante il periodo bellico i conciatori avevano potuto sostenersi anche se il loro prodotto era mediocre, poiché non v’era concorrenza straniera e si era in presenza di una grande richiesta; “in tempo di normale concorrenza invece l’industria viene a trovarsi in condizione ben diverse: potrà sostenersi quell’azienda i cui prodotti abbiano tutti i requisiti che il consumatore ricerca, … la base vera e fondamentale di un’azienda seria e duratura è la bontà e la convenienza del prodotto. … Il materiale pelle è di natura straordinariamente variabile ed eterogenea, ne deriva la necessità di fare le scelte o cernite, suddividendo il prodotto in varie categorie”. Le cernite dovevano esser fatte su grandi lotti di merce ed, essendo impossibile questo ai piccoli produttori, suggeriva che questi si unissero in cooperative per poter operare meglio. Fondamentale però egli riteneva fosse la conoscenza del prodotto, nei suoi caratteri tecnici e aggiungeva: “si impone quindi la necessità di una serie di prove e di esperienze, che l’industriale deve fare per organizzare tecnicamente le sue lavorazioni, per creare tipi sempre più perfetti, per controllare severamente la propria produzione, per seguire insomma costantemente quella evoluzione della propria industria, che mai deve arrestarsi. Oltre però alla opportunità che i singoli industriali facciano per loro conto le ricerche e gli studi che più davvicino interessano le loro produzioni, sarebbe sommamente prezioso, nell’interesse di tutta la classe un Istituto che si occupasse esclusivamente dello studio sistematico dei problemi più ardui e d’indole più generale, i quali rappresenterebbero per un singolo industriale una mira troppo lontana”.

Dopo l’analisi dei problemi Rampichini concludeva: “Per raggiungere lo scopo, propongo la creazione di un Istituto di Ricerche Scientifiche e Tecniche, che abbia in vista la risoluzione di problemi riguardanti tutti i diversi rami dell’industria del cuoio e che tenda insomma a portare l’industria italiana ad un alto livello. … La nuova istituzione dovrebbe integrare l’opera preziosa ed utilissima dei due istituti di Torino e di Napoli, differenziandosi da essi, in quanto che questi hanno uno scopo più diretto e più pratico, mentre il nuovo Istituto dovrebbe avere un’indole prettamente scientifica e indagatrice”. Rampichini, a sostegno della sua proposta, citava istituzioni simili a quella da lui vagheggiata già realizzate all’estero e soprattutto il Laboratorio di Ricerche realizzato dal Tanners Council negli Stati Uniti d’America, che la rivista francese Le Cuir diceva che avesse come scopo “d’élever le tannage au niveau d’une science exacte”. Rivolgeva infine il suo appello a tutti gli industriali italiani del cuoio dicendo: “conto sul loro appoggio pel momento in cui sarò in grado di presentare un progetto concreto, alla formulazione del quale mi riprometto di avere come collaboratori i più intelligenti e più perspicaci studiosi e intenditori delle industrie italiane del cuoio” .

Il Rampichini ricevette subito moltissime adesioni ed incoraggiamenti per la realizzazione del suo progetto, ed anche qualche critica. L’opposizione maggiore venne dal prof. Baldracco, il direttore della Scuola-Conceria di Torino, già maestro del Rampichini: egli riteneva che l’Istituto proposto sarebbe stato un “doppione” del suo istituto torinese. Il prof. Casaburi, dell’Istituto di Napoli, mise invece in guardia il mondo conciario a proposito degli ingenti costi che la realizzazione del nuovo Laboratorio avrebbe comportato. Fra coloro che appoggiarono subito la proposta, ci furono: Bruno De Pol, il prof. Giovanni Appiani, Ettore Andreis, Camillo Romana, il venerando Cristoforo Turri, decano dei conciatori emiliani, e tanti industriali del cuoio.

De Pol ed Andreis furono coloro che, oltre a sostenere a spada tratta l’idea del Rampichini, lo affiancarono nell’opera di convincimento e di proselitismo. Mentre De Pol continuava a propagandare il nuovo Laboratorio con i giornali da lui diretti (era direttore della Rivista Italiana del Cuoio dei Pellami e delle Calzature e de L’Eco), Andreis organizzò una “conferenza-programma”, che ebbe luogo il 29 settembre 1922 a Milano, nel salone di Via S. Paolo 1, sede della Società di Chimica Industriale, con l’intervento di moltissime persone aventi interessi nel campo conciario. Fu illustrato nei particolari il programma di fondazione del Laboratorio di Ricerche per le Industrie del Cuoio Calzature e affini, e se ne indicò, presentando una piantina, anche il luogo in cui sarebbe sorto l’edificio che doveva costituirne la sede: si trattava della zona della nuova Città degli Studi di Milano, dove proprio in quei tempi stavano sorgendo le nuovi sedi del Politecnico e delle facoltà scientifiche dell’Università Statale, e precisamente dell’area destinata ai nuovi istituti e laboratori scientifici industriali. Nel corso dell’assemblea si iniziò a stilare una lista di adesioni per fondare una “società anonima in azioni al portatore da L. 100 cadauna” allo scopo di finanziare il Laboratorio e, sull’onda dell’entusiasmo del momento, furono subito raccolte 60.000 lire.

In quel tempo a Milano era grande propugnatore dell’iniziativa di realizzare nella zona di Lambrate una grandiosa “Città degli Studi” il prof. Luigi Mangiagalli. Egli, già deputato, quindi senatore e poi nel 1922 anche sindaco di Milano ed infine Rettore dell’Università, era presidente del “Consorzio per l’Assetto degli Istituti d’Istruzione Superiore di Milano” ed anche presidente della “Soc. An. Consorzio per l’Assetto degli Istituti e Laboratori Scientifici-Industriali”, che appunto curava la realizzazione di quegli istituti e laboratori del tipo di quello vagheggiato e proposto da Rampichini per le industrie del cuoio e delle calzature. E proprio il Mangiagalli chiamò il Rampichini a far parte del consiglio d’amministrazione di questa società, costituitasi per realizzare gli Istituti e Laboratori Scientifici - Industriali. Del consiglio di amministrazione, oltre al presidente Mangiagalli e al Rampichini, facevano parte Beniamino Donzelli, Cesare Saldini, Pietro Soldini e Alberto Pirelli, tutti grandi nomi dell’industria italiana.

Dieci mesi più tardi, cioè nel luglio 1923, il comitato promotore del Laboratorio scrisse sulla Rivista Italiana del Cuoio dei Pellami e delle Calzature:

“Il programma massimo è, come i lettori sanno, l’erezione presso la città degli studi a Milano, di un laboratorio completo di ricerche per le industrie che fabbricano e che impiegano il cuoio e i suoi surrogati. Tale programma, già tracciato completamente nelle sue linee fondamentali, si attuerà a poco a poco, dipendentemente dai mezzi finanziari che si potranno raccogliere. Intanto iniziamo subito l’attuazione del nostro programma minimo. Studi ed esperienze preliminari verranno eseguiti provvisoriamente nel laboratorio del Dr. Rampichini, che precisamente in questi giorni s’impianterà a Milano. In seno a questa Rivista si inizierà fin dal prossimo numero la pubblicazione di un bollettino scientifico-tecnico, nel quale si tratteranno le principali questioni che più da vicino riguardano tutte le industrie che fabbricano e che adoperano il cuoio e i suoi sempre più numerosi ed invadenti surrogati, con speciale riguardo a quelle che sono produttrici di tali articoli.[...] Il bollettino consterà di due parti distinte: una parte di lavori originali e un’altra parte di riassunti, il più possibilmente completi, di quanto si pubblica in Italia e fuori, sulla nostra materia”.

Fu così che il “nuovo” Laboratorio di Ricerche per le Industrie del Cuoio Calzature e affini finì per essere, almeno per il momento, il Laboratorio della ditta Dr. F. Rampichini & C., che pur esso era nuovo in quanto nuova la sede della ditta, trasferitasi proprio allora da Carate Brianza a Milano. Rampichini naturalmente era direttore di quel Laboratorio ed anche direttore del bollettino-rivista che si iniziò a pubblicare con il titolo di Coriarium nel mese di settembre 1923.

Intanto anche in Italia si stava diffondendo con successo il Sistema Ago per la costruzione delle calzature. Una serie di articoli apparvero sulle riviste tecniche del ramo calzaturiero. In essi veniva dettagliatamente descritta la nuova tecnologia ed in tutti si faceva una breve storia dell’invenzione che veniva denominata Sistema Ago o Sistema Rampichini.

L’attività del Rampichini in quegli anni fu frenetica. Oltre agli impegni che gli derivavano dalla sua attività industriale, aggravati dal trasloco della sede, dedicò tempo ed energie al progetto del Laboratorio. Nell’estate 1924, assieme all’amico Andreis, compì un viaggio in Germania, Boemia ed Austria. Fu a Berlino, ad Amburgo, a Bad Oldesloe, a Dresda, a Praga ed a Vienna, per visitare laboratori ed istituti di ricerca, sia pubblici che privati, e nel corso di queste visite si interessò in particolare di un nuovo metodo di concia vegetale con elettrosmosi. Inoltre la sua notorietà era notevolmente aumentata e per questo veniva chiamato a tener conferenze in Italia e all’estero; inoltre collaborava con diverse riviste italiane e straniere.

Negli anni 1923-24 il Rampichini fu anche l’ispiratore ed il consulente tecnico di una nuova società, costituitasi nelle Marche, per l’impianto di una moderna fabbrica di scarpe: la Società Anonima V.O.R. (Virgili Olivieri Rampichini), sorta in un primo tempo a Passo Ripe S. Ginesio e quindi trasferitasi a Gualdo.

Sul mercato, il nuovo marchio Tachys del Rampichini si trovava in concorrenza col suo stesso vecchio marchio Ago, i cui prodotti erano venduti anche in Italia. Al comparire del mastice Tachys, il rappresentante italiano della Atlas-Werke-Pöhler & Co. pubblicò un’inserzione pubblicitaria del seguente tenore: “Diffida - Essendo informati che vanno sul mercato contraffazioni della sostanza Ago e di macchine Ago, rendiamo noto che il sistema di calzature Ago, invenzione del Dott. F. Rampichini, è brevettato nel procedimento, nelle sostanze e nelle macchine. I prodotti contraffatti e scadenti possono purtroppo discreditare il Sistema, quantunque esso sia già saldamente e da gran tempo affermato. Pertanto mettiamo in guardia i consumatori dall’adoperare prodotti non genuini …”. Rampichini rispose più tardi scrivendo nelle sue pubblicità a proposito del sistema di costruzione delle calzature incollate: “Il sistema di Calzature Dr. F. Rampichini noto anche sotto il nome di sistema Ago”, e reclamizzando il mastice Tachys con il motto “Alla fonte si attinge il prodotto genuino” e “Il Tachys è l’unico mastice fabbricato dall’inventore delle calzature saldate”.

Il Sistema Ago si era ormai diffuso ovunque e dire “scarpe fatte col sistema Ago” significava dire “scarpe con suole incollate”. In Germania i calzaturifici che lavoravano con il Sistema Ago si erano riuniti in una federazione denominata Deutsche Ago Bund, che pubblicava anche una propria rivista dal titolo Ago Führer.

Il Rampichini fu invitato al Congresso della Deutsche Ago Bund del 1923, e, impossibilitato ad intervenirvi, inviò una lettera di ringraziamento con saluto ai congressisti, che fu pubblicata sulla rivista dell’associazione del 20 giugno 1923, in un articolo con tanto di foto e riconoscimento dell’italianità dell’invenzione.

Il dott. Rampichini ebbe finalmente un riconoscimento ufficiale anche in Italia nel 1927, quando il R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere - Fondazione Brambilla lo premiò con medaglia d’oro di I grado “per la fabbricazione delle calzature senza cucitura, ossia saldando la tomaia alla suola con un mastice di sua invenzione e a mezzo di apparecchi da lui pure inventati e venduti. pressa multiplaIl procedimento veniva esteso al caso analogo della fabbricazione e giunzione delle cinghie di trasmissione”.

Pubblicazioni e gli scritti riguardanti il “Sistema Ago” furono numerosi, soprattutto sulle riviste tecniche specializzate.

Nel 1932 la casa editrice Felix Fluss di Vienna, prima di dare alle stampe un suo manuale per la riparazione meccanica delle scarpe, inviò al Rampichini, per averne un giudizio ed eventuali osservazioni, le bozze dei capitoli che riguardavano le riparazioni su tomaie e suole eseguite mediante incollaggio con mastice. Nel manuale viene espressamente riconosciuta l’italianità del Sistema Ago attribuendone chiaramente l’invenzione a Rampichini, del quale vengono ricordati il brevetto italiano del 1909 e addirittura i primi esperimenti fatti a Roma nel 1907 e quelli successivi eseguiti a Torino. Nel medesimo manuale sono riportate diverse fotografie di macchine della Atlas-Werke, costruite secondo i progetti di Rampichini.

Si potrebbe chiudere qui la storia delle invenzioni di Francesco Rampichini, citando molti altri riferimenti, che ricordano i suoi ritrovati ma spesso dimenticano di riportare il nome dell’inventore: una per tutti, la più famosa, l’Enciclopedia Treccani.

Negli anni che seguirono, l’attività imprenditoriale del Rampichini venne sempre più prosperando. Il geniale inventore marchigiano aveva messo a punto nuovi tipi di prodotto, specie per quanto riguarda i collanti, come ad esempio una vernice elastica tenditela per aviazione, molto usata dai principali costruttori d’aerei del tempo (S.I.A.I., Caproni, Ala Littoria, ecc.) ed una vernice “metallica”. Fra i clienti che acquistavano i vari tipi di mastice Tachys c’erano nomi prestigiosi: Marelli, Agip, R. Aeronautica Militare, Istituto Nazionale Ciechi e persino i Musei Vaticani.

Dopo aver raggiunto il successo come industriale, il dottor Francesco pensò anche a formarsi una famiglia e, già cinquantenne, il 29 settembre 1928 sposò Susanna Damiani (detta Ninny), dalla quale avrà due figli, Gabriella e Mario.

La seconda guerra mondiale, così come era accaduto con la prima, causò a Rampichini un altro traumatico arresto d’attività: nel corso dell’incursione aerea su Milano del 13 agosto 1943, prese fuoco anche la sede della Dr. F. Rampichini & C. di Via Teglio, 4 e, dopo lo spegnimento dell’incendio, si poté recuperare soltanto parte del macchinario. Pochi giorni prima, l’8 agosto, un altro bombardamento aereo aveva distrutto anche la casa in cui abitava, in Via Mercadante, fortunatamente durante l’assenza sua e dei familiari.

Dopo la distruzione della fabbrica e dell’abitazione, si rifugiò con la famiglia nelle Marche, al paese natale dove aveva una piccola proprietà. A Sant’Angelo in Pontano molti lo ricordano come protagonista, nel giugno 1944, in occasione di un episodio della guerra partigiana. Avvenne infatti che un’autocolonna tedesca in ritirata, scendendo da S. Angelo verso Macerata, a circa un chilometro dal paese, dopo il bivio per Gualdo e prima di quello per Loro Piceno, trovò la strada sbarrata da diversi grossi alberi di quercia abbattuti ed occupanti la sede stradale in un punto che non consentiva ai mezzi l’aggiramento dell’ostacolo. Il comandante dell’autocolonna minacciò subito gravi rappresaglie e solo il perfetto e fluente tedesco del Rampichini, che assieme al parroco ed al podestà, si recò sul posto a parlamentare con l’ufficiale, evitò il peggio: Rampichini spiegò al tedesco che gli alberi erano stati abbattuti dai contadini in seguito ad ordine dei partigiani sotto minaccia delle armi, e disse al tedesco che gli stessi contadini erano disponibili ad eseguire lo sgombero immediato della strada. L’ufficiale, il cui unico problema era quello di continuare la marcia, accettò la proposta fattagli, e i contadini, servendosi di seghe, falcioni e soprattutto dei loro buoi, riuscirono in qualche modo ad aprire un varco per far passare l’autocolonna: i tedeschi proseguirono la ritirata e a S. Angelo in Pontano nessuno subì rappresaglie.

Finita la guerra il dott. Francesco poté tornare a Milano con la sua famiglia. Avendo perso tutto a causa dei bombardamenti aerei su Milano nell’agosto 1943, e disponendo come unico capitale della sua reputazione professionale, a costo di grandi sacrifici, riuscì a ricostituire, per la sua impresa industriale, una nuova sede in Via Boiardo, 23 e per la terza volta riprese l’attività, su basi più modeste, limitandosi alla produzione di adesivi speciali. Nella conduzione di questa piccola azienda era validamente coadiuvato dalla moglie, pur essa laureata in chimica.

Egli, da sempre portato alla ricerca applicata, continuò nei suoi esperimenti e realizzò con un certo successo non pochi adesivi speciali, come ad esempio un mastice appositamente studiato per l’incollaggio delle piastrelle di vetro destinato alla produzione di vetro-camera. Per questi suoi nuovi ritrovati ottenne diversi altri brevetti per invenzione industriale.

Ultrasettantacinquenne, ma pieno di vitalità, compiva ancora ricerche sui collanti per il vetro ed era impegnato, sul terrazzo della sua abitazione milanese, ad osservare attentamente il comportamento di campioni precedentemente preparati e che erano stati esposti alle intemperie. Tornava a Sant’Angelo in Pontano per brevi soggiorni, durante il periodo estivo, ed in paese era ben noto per la sua signorilità e per il suo spirito giovanile.

Morì a Milano il 3 luglio 1958, a 80 anni, in seguito ad un collasso cardiaco. La sua azienda restò in attività, gestita dalla vedova, con la collaborazione del figlio Mario, anch’egli laureato in chimica, fino al 1975.

Dopo la sua morte, si scrisse ancora di lui e delle sue invenzioni, nel 1961, sulla rivista tedesca Die Schuhreparatur, dove comparve anche una sua fotografia.

La sua immagine di ricercatore ed inventore venne anche utilizzata dalla Bayer per una grande campagna pubblicitaria fatta sui più importanti giornali europei. Nella reclame a tutta pagina compariva una pressa manuale per incollare le suole, con bene in evidenza, impresso sul telaio, il marchio Tachys. Sotto la foto della pressa c’era la seguente didascalia: “Il chiodo nella scarpa. Quanto cammino prima di poterlo eliminare! Soltanto nel 1910 il chimico conciario italiano Rampichini scoprì un sistema per incollare le suole, eliminando così i chiodi dalle calzature. Fu questo il primo passo verso i moderni e razionali metodi di fabbricazione. I passi successivi furono compiuti dalla chimica”.

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Per maggiori notizie vedere:

F. CAPPONI. Un pioniere della moderna industria conciaria e calzaturiera: Francesco Rampichini (1878-1958).
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