IL VIN COTTO
domenica, ottobre 29, 2006, 08:27 PM - Buon Mangiare

Il vin cotto - cos'è e come si fa


Il "vino cotto", bevanda alcolica della tradizione contadina marchigiana è diffuso nell'entroterra ascolano e nel fermano fino alle zone interne del maceratese come il territorio di Sant'Angelo in Pontano. A Loro Piceno, paese confinante con Sant'Angelo, si svolge ogni anno una sagra dedicata appunto al vin cotto e vi è una piccola mostra permanente dedicata ad esso.

Si beveva nelle grandi occasioni come la mietitura; quando nasceva un figlio maschio se ne metteva da parte un barile da usare il giorno delle nozze; con il vino cotto venivano inoltre bagnate gambe e braccia dei neonati per irrobustirli.
Si ottiene da uve miste di diverse qualità, pigiate prima nella pressa meccanica e poi in quella idraulica. Il mosto viene cotto in calderoni di rame su fuoco a legna fino a ridurlo a non più del venti per cento della quantità iniziale. Durante la cottura si schiuma per eliminare le impurità, poi si travasa ancora bollente in piccole botti dove si conserva per molti anni.
Si presenta dolce e corposo, dal colore leggermente torbido e con una gradazione dai 19 ai 22 gradi, a seconda dell’invecchiamento.



Il vino cotto, con le denominazioni di "vino cotto", "vi' cotto" e "vi' cuot", rientra nell'elenco ufficiale dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Marche, riconosciuti nel 2000 con decreto ministeriale



Storia


I popoli mediterranei fin dal principio si sono resi conto che dal succo d'uva fermentato si otteneva un liquore di discreta gradazione in grado di dare forza, se bevuto con parsimonia, ma anche ebrezza. Fatto bollire, poi, diventava più stabile, più dolce e più forte ed era quanto di meglio per una prolungata conservazione. L'usanza di far bollire e fermentare il mosto, invecchiarlo e venderlo risale alla civiltà Picena. Il vino cotto era particolarmente apprezzato dai romani (è citato in diverse fonti) e più tardi da papi e principi. Nella tradizione contadina il vino cotto serviva a ridare vigore durante i lavori più faticosi.

Negli archivi del comune di Fermo si sono trovati cenni al vino di Faleria risalenti al XIII secolo dove si rintracciano le prime testimonianze dell'adozione anche in loco dell'antica tecnica del "vin cotto" che e' sopravvissuta fino ad oggi anche se limitata a piccole produzioni.

I suoi poteri terapeutici nella tradizione popolare


Nella tradizione contadina il vino cotto è stato sempre considerato un prodotto quasi terapeutico. Le mamme, ad esempio, lo usavano per massaggiare la pelle dei neonati. Un bicchiere di 'vi' cotto' andava bene per un po' tutti i malanni. Ancora oggi, si usa berlo caldo, aromatizzato o meno con cannella, chiodi di garofano e scorza di limone, come rimedio contro l'influenza.


Ricerche scientifiche sul vin cotto



Vino cotto è un prezioso alleato della salute. Come un bicchiere di rosso, è ricco di antiossidanti, combatte i radicali liberi e, dunque, aiuta a prevenire malattie cardiovascolari e tumori. A “promuovere” questa bevanda alcolica, tipica della tradizione contadina marchigiana e abruzzese, è una ricerca della Facoltà di agraria dell'Università di Teramo, che ne evidenzia gli effetti benefici.
Lo studio, coordinato dal professor Dino Mastrocola, spiega i segreti di questa bevanda. ''La caramellizzazione degli zuccheri e la cosiddetta reazione di Maillard, che si sviluppano durante la fase di cottura del mosto - afferma Mastrocola, preside della Facoltà di Agraria dell'ateneo dell'Aquila - gli danno un potere antiossidante due o tre volte superiore a quello del vino bianco. In questo modo si 'catturano' i radicali liberi, combattendo l'invecchiamento cellulare e prevenendo malattie come quelle cardiovascolari e tumorali''.

Il vino cotto oggi



Il vino cotto, rischiava di scomparire. Secondo le norme attuali, una bevanda prodotta attraverso il riscaldamento del mosto non può essere considerata vino. E non può, dunque, essere commercializzata come tale. Per questo, sono state messe in campo carie iniziative quali la costituzione di un'associazione di produttori e la stesura un disciplinare di produzione, per poi puntare alla Denominazione di origine protetta (DOP).

Link al sito "Il cotto dei Piceni", promosso dalla COPAGRI.


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